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      Ma a un certo punto, diede una giratina al discorso, lo staccò da Madrid, e di corte in corte, di dignità in dignità, lo tirò sul cardinal Barberini, ch'era cappuccino, e fratello del papa allora sedente, Urbano VIII: niente meno. Il conte zio dovette anche lui lasciar parlare un poco, e stare a sentire, e ricordarsi che finalmente, in questo mondo, non c'era soltanto i personaggi che facevan per lui. Poco dopo alzati da tavola, pregò il padre provinciale di passar con lui in un'altra stanza.
      Due potestà, due canizie, due esperienze consumate si trovavano a fronte. Il magnifico signore fece sedere il padre molto reverendo, sedette anche lui, e cominciò: – stante l'amicizia che passa tra di noi, ho creduto di far parola a vostra paternità d'un affare di comune interesse, da concluder tra di noi, senz'andar per altre strade, che potrebbero... E perciò, alla buona, col cuore in mano, le dirò di che si tratta; e in due parole son certo che anderemo d'accordo. Mi dica: nel loro convento di Pescarenico c'è un padre Cristoforo da ***?
      Il provinciale fece cenno di sì.
      – Mi dica un poco vostra paternità, schiettamente, da buon amico... questo soggetto... questo padre... Di persona io non lo conosco; e sì che de' padri cappuccini ne conosco parecchi: uomini d'oro, zelanti, prudenti, umili: sono stato amico dell'ordine fin da ragazzo... Ma in tutte le famiglie un po' numerose... c'è sempre qualche individuo, qualche testa... E questo padre Cristoforo, so da certi ragguagli che è un uomo... un po' amico de' contrasti.


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I promessi sposi
di Alessandro Manzoni
pagine 798

   





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