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      – E se andassi io? – disse don Abbondio.
      – No, no, voi: v'ho già pregato d'altro, – rispose il cardinale.
      – Dicevo, – replicò don Abbondio, – per disporre quella povera madre. È una donna molto sensitiva; e ci vuole uno che la conosca, e la sappia prendere per il suo verso, per non farle male in vece di bene.
      – E per questo, vi prego d'avvertire il signor curato che scelga un uomo di proposito: voi siete molto più necessario altrove, – rispose il cardinale. E avrebbe voluto dire: quella povera giovine ha molto più bisogno di veder subito una faccia conosciuta, una persona sicura, in quel castello, dopo tant'ore di spasimo, e in una terribile oscurità dell'avvenire. Ma questa non era ragione da dirsi così chiaramente davanti a quel terzo. Parve però strano al cardinale che don Abbondio non l'avesse intesa per aria, anzi pensata da sé; e così fuor di luogo gli parve la proposta e l'insistenza, che pensò doverci esser sotto qualche cosa. Lo guardò in viso, e vi scoprì facilmente la paura di viaggiare con quell'uomo tremendo, d'andare in quella casa, anche per pochi momenti. Volendo quindi dissipare affatto quell'ombre codarde, e non piacendogli di tirare in disparte il curato e di bisbigliar con lui in segreto, mentre il suo nuovo amico era lì in terzo, pensò che il mezzo più opportuno era di far ciò che avrebbe fatto anche senza questo motivo, parlare all'innominato medesimo; e dalle sue risposte don Abbondio intenderebbe finalmente che quello non era più uomo da averne paura. S'avvicinò dunque all'innominato, e con quell'aria di spontanea confidenza, che si trova in una nuova e potente affezione, come in un'antica intrinsichezza, – non crediate, – gli disse, – ch'io mi contenti di questa visita per oggi.


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I promessi sposi
di Alessandro Manzoni
pagine 798

   





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