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      – Voglio dire che, se il nostro signor curato avesse fatto il suo dovere, la cosa non sarebbe andata così.
      Ma facendole il cardinale nuove istanze perché si spiegasse meglio, quella cominciò a trovarsi impicciata a dover raccontare una storia nella quale aveva anch'essa una parte che non si curava di far sapere, specialmente a un tal personaggio. Trovò però il verso d'accomodarla con un piccolo stralcio: raccontò del matrimonio concertato, del rifiuto di don Abbondio, non lasciò fuori il pretesto de' superiori che lui aveva messo in campo (ah, Agnese!); e saltò all'attentato di don Rodrigo, e come, essendo stati avvertiti, avevano potuto scappare. – Ma sì, – soggiunse e concluse: – scappare per inciamparci di nuovo. Se in vece il signor curato ci avesse detto sinceramente la cosa, e avesse subito maritati i miei poveri giovani, noi ce n'andavamo via subito, tutti insieme, di nascosto, lontano, in luogo che né anche l'aria non l'avrebbe saputo. Così s'è perduto tempo; ed è nato quel che è nato.
      – Il signor curato mi renderà conto di questo fatto, – disse il cardinale.
      – No, signore, no, signore, – disse subito Agnese: – non ho parlato per questo: non lo gridi, perché già quel che è stato è stato; e poi non serve a nulla: è un uomo fatto così: tornando il caso, farebbe lo stesso.
      Ma Lucia, non contenta di quella maniera di raccontar la storia, soggiunse: – anche noi abbiamo fatto del male: si vede che non era la volontà del Signore che la cosa dovesse riuscire.
      – Che male avete potuto far voi, povera giovine?


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I promessi sposi
di Alessandro Manzoni
pagine 798

   





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