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      Il curato rispose che, per verità, né i guadagni della professione, né le rendite di certi campicelli, che il buon sarto aveva del suo, non sarebbero bastate, in quell'annata, a metterlo in istato d'esser liberale con gli altri; ma che, avendo fatto degli avanzi negli anni addietro, si trovava de' più agiati del contorno, e poteva far qualche spesa di più, senza dissesto, come certo faceva questa volentieri; e che, del rimanente, non ci sarebbe stato verso di fargli accettare nessuna ricompensa.
      – Avrà probabilmente, – disse il cardinale, – crediti con gente che non può pagare.
      – Pensi, monsignore illustrissimo: questa povera gente paga con quel che le avanza della raccolta: l'anno scorso, non avanzò nulla; in questo, tutti rimangono indietro del necessario.
      – Ebbene, – disse Federigo: – prendo io sopra di me tutti que' debiti; e voi mi farete il piacere d'aver da lui la nota delle partite, e di saldarle.
      – Sarà una somma ragionevole.
      – Tanto meglio: e avrete pur troppo di quelli ancor più bisognosi, che non hanno debiti perché non trovan credenza.
      – Eh, pur troppo! Si fa quel che si può; ma come arrivare a tutto, in tempi di questa sorte?
      – Fate che lui li vesta a mio conto, e pagatelo bene. Veramente, in quest'anno, mi par rubato tutto ciò che non va in pane; ma questo è un caso particolare.
      Non vogliam però chiudere la storia di quella giornata, senza raccontar brevemente come la terminasse l'innominato.
      Questa volta, la nuova della sua conversione l'aveva preceduto nella valle; vi s'era subito sparsa, e aveva messo per tutto uno sbalordimento, un'ansietà, un cruccio, un susurro.


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I promessi sposi
di Alessandro Manzoni
pagine 798

   





Federigo