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      E di tali speranze, ne parlava e ne riparlava alla figlia, per la quale non saprei dire se fosse maggior dolore il sentire, o pena il rispondere. Il suo gran segreto l'aveva sempre tenuto in sé; e, inquietata bensì dal dispiacere di fare a una madre così buona un sotterfugio, che non era il primo; ma trattenuta, come invincibilmente, dalla vergogna e da' vari timori che abbiam detto di sopra, andava d'oggi in domani, senza dir nulla. I suoi disegni eran ben diversi da quelli della madre, o, per dir meglio, non n'aveva; s'era abbandonata alla Provvidenza. Cercava dunque di lasciar cadere, o di stornare quel discorso; o diceva, in termini generali, di non aver più speranza, né desiderio di cosa di questo mondo, fuorché di poter presto riunirsi con sua madre; le più volte, il pianto veniva opportunamente a troncar le parole.
      – Sai perché ti par così? – diceva Agnese: – perché hai tanto patito, e non ti par vero che la possa voltarsi in bene. Ma lascia fare al Signore; e se... Lascia che si veda un barlume, appena un barlume di speranza; e allora mi saprai dire se non pensi più a nulla –. Lucia baciava la madre, e piangeva.
      Del resto, tra loro e i loro ospiti era nata subito una grand'amicizia: e dove nascerebbe, se non tra beneficati e benefattori, quando gli uni e gli altri son buona gente? Agnese specialmente faceva di gran chiacchiere con la padrona. Il sarto poi dava loro un po' di svago con delle storie, e con de' discorsi morali: e, a desinare soprattutto, aveva sempre qualche bella cosa da raccontare, di Bovo d'Antona o de' Padri del deserto.


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I promessi sposi
di Alessandro Manzoni
pagine 798

   





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