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      – Ma! – disse il cardinale, con voce e con aria grave fuor del consueto: – è il vostro vescovo che, per suo dovere e per vostra giustificazione, vuol saper da voi il perché non abbiate fatto ciò che, nella via regolare, era obbligo vostro di fare.
      – Monsignore, – disse don Abbondio, facendosi piccino piccino, – non ho già voluto dire... Ma m'è parso che, essendo cose intralciate, cose vecchie e senza rimedio, fosse inutile di rimestare... Però, però, dico... so che vossignoria illustrissima non vuol tradire un suo povero parroco. Perché vede bene, monsignore; vossignoria illustrissima non può esser per tutto; e io resto qui esposto... Però, quando Lei me lo comanda, dirò, dirò tutto.
      – Dite: io non vorrei altro che trovarvi senza colpa.
      Allora don Abbondio si mise a raccontare la dolorosa storia; ma tacque il nome principale, e vi sostituì: un gran signore; dando così alla prudenza tutto quel poco che si poteva, in una tale stretta.
      – E non avete avuto altro motivo? – domandò il cardinale, quando don Abbondio ebbe finito.
      – Ma forse non mi sono spiegato abbastanza, – rispose questo: – sotto pena della vita, m'hanno intimato di non far quel matrimonio.
      – E vi par codesta una ragion bastante, per lasciar d'adempire un dovere preciso?
      – Io ho sempre cercato di farlo, il mio dovere, anche con mio grave incomodo, ma quando si tratta della vita...
      – E quando vi siete presentato alla Chiesa, – disse, con accento ancor più grave, Federigo, – per addossarvi codesto ministero, v'ha essa fatto sicurtà della vita?


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I promessi sposi
di Alessandro Manzoni
pagine 798

   





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