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      Il vòto che la mortalità faceva ogni giorno in quella deplorabile moltitudine, veniva ogni giorno più che riempito: era un concorso continuo, prima da' paesi circonvicini, poi da tutto il contado, poi dalle città dello stato, alla fine anche da altre. E intanto, anche da questa partivano ogni giorno antichi abitatori; alcuni per sottrarsi alla vista di tante piaghe; altri, vedendosi, per dir così, preso il posto da' nuovi concorrenti d'accatto, uscivano a un'ultima disperata prova di chieder soccorso altrove, dove si fosse, dove almeno non fosse così fitta e così incalzante la folla e la rivalità del chiedere. S'incontravano nell'opposto viaggio questi e que' pellegrini, spettacolo di ribrezzo gli uni agli altri, e saggio doloroso, augurio sinistro del termine a cui gli uni e gli altri erano incamminati. Ma seguitavano ognuno la sua strada, se non più per la speranza di mutar sorte, almeno per non tornare sotto un cielo divenuto odioso, per non rivedere i luoghi dove avevan disperato. Se non che taluno, mancandogli affatto le forze, cadeva per la strada, e rimaneva lì morto: spettacolo ancor più funesto ai suoi compagni di miseria, oggetto d'orrore, forse di rimprovero agli altri passeggieri. "Vidi io, – scrive il Ripamonti, – nella strada che gira le mura, il cadavere d'una donna... Le usciva di bocca dell'erba mezza rosicchiata, e le labbra facevano ancora quasi un atto di sforzo rabbioso... Aveva un fagottino in ispalla, e attaccato con le fasce al petto un bambino, che piangendo chiedeva la poppa.


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I promessi sposi
di Alessandro Manzoni
pagine 798

   





Ripamonti