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      Come aveva fatto il giorno avanti, si fermò a suo tempo, in un boschetto a mangiare un boccone, e a riposarsi. Passando per Monza, davanti a una bottega aperta, dove c'era de' pani in mostra, ne chiese due, per non rimanere sprovvisto, in ogni caso. Il fornaio, gl'intimò di non entrare, e gli porse sur una piccola pala una scodelletta, con dentro acqua e aceto, dicendogli che buttasse lì i danari; e fatto questo, con certe molle, gli porse, l'uno dopo l'altro, i due pani, che Renzo si mise uno per tasca.
      Verso sera, arriva a Greco, senza però saperne il nome; ma, tra un po' di memoria de' luoghi, che gli era rimasta dell'altro viaggio, e il calcolo del cammino fatto da Monza in poi, congetturando che doveva esser poco lontano dalla città, uscì dalla strada maestra, per andar ne' campi in cerca di qualche cascinotto, e lì passar la notte; ché con osterie non si voleva impicciare. Trovò meglio di quel che cercava: vide un'apertura in una siepe che cingeva il cortile d'una cascina; entrò a buon conto. Non c'era nessuno: vide da un canto un gran portico, con sotto del fieno ammontato, e a quello appoggiata una scala a mano; diede un'occhiata in giro, e poi salì alla ventura; s'accomodò per dormire, e infatti s'addormentò subito, per non destarsi che all'alba. Allora, andò carpon carponi verso l'orlo di quel gran letto; mise la testa fuori, e non vedendo nessuno, scese di dov'era salito, uscì di dov'era entrato, s'incamminò per viottole, prendendo per sua stella polare il duomo; e dopo un brevissimo cammino, venne a sbucar sotto le mura di Milano, tra porta Orientale e porta Nuova, e molto vicino a questa.


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I promessi sposi
di Alessandro Manzoni
pagine 798

   





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