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      Si fermò lì, aspettando in silenzio. Poco dopo, lo vide chiuder gli occhi a quel poverino, poi mettersi in ginocchio, far orazione un momento, e alzarsi. Allora si mosse, e gli andò incontro.
      – Oh! – disse il frate, vistolo venire; – ebbene?
      – La c'è: l'ho trovata!
      – In che stato?
      – Guarita, o almeno levata.
      – Sia ringraziato il Signore!
      – Ma... – disse Renzo, quando gli fu vicino da poter parlar sottovoce: – c'è un altro imbroglio.
      – Cosa c'è?
      – Voglio dire che... Già lei lo sa come è buona quella povera giovine; ma alle volte è un po' fissa nelle sue idee. Dopo tante promesse, dopo tutto quello che sa anche lei, ora dice che non mi può sposare, perché dice, che so io? che, quella notte della paura, s'è scaldata la testa, e s'è, come a dire, votata alla Madonna. Cose senza costrutto, n'è vero? Cose buone, chi ha la scienza e il fondamento da farle, ma per noi gente ordinaria, che non sappiamo bene come si devon fare... n'è vero che son cose che non valgono?
      – Dimmi: è molto lontana di qui?
      – Oh no: pochi passi di là dalla chiesa.
      – Aspettami qui un momento, – disse il frate: – e poi ci anderemo insieme.
      – Vuol dire che lei le farà intendere...
      – Non so nulla, figliuolo; bisogna ch'io senta lei.
      – Capisco, – disse Renzo, e stette con gli occhi fissi a terra, e con le braccia incrociate sul petto, a masticarsi la sua incertezza, rimasta intera. Il frate andò di nuovo in cerca di quel padre Vittore, lo pregò di supplire ancora per lui, entrò nella sua capanna, n'uscì con la sporta in braccio, tornò da Renzo, gli disse: – andiamo –; e andò innanzi, avviandosi a quella tal capanna, dove, qualche tempo prima, erano entrati insieme.


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I promessi sposi
di Alessandro Manzoni
pagine 798

   





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