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      Levò poi dal taschino de' calzoni il coltello, col fodero tutto fradicio, che pareva stato in molle; lo mise su un panchetto, e disse: – anche costui è accomodato a dovere; ma l'è acqua! l'è acqua! sia ringraziato il Signore... Sono stato lì lì...! Ti dirò poi –. E si fregava le mani. – Ora fammi un altro piacere, – soggiunse: – quel fagottino che ho lasciato su in camera, va' a prendermelo, ché prima che s'asciughi questa roba che ho addosso...!
      Tornato col fagotto, l'amico disse: – penso che avrai anche appetito: capisco che da bere, per la strada, non te ne sarà mancato; ma da mangiare...
      – Ho trovato da comprar due pani, ieri sul tardi; ma, per dir la verità, non m'hanno toccato un dente.
      – Lascia fare, – disse l'amico; mise l'acqua in un paiolo, che attaccò poi alla catena; e soggiunse: – vado a mungere: quando tornerò col latte, l'acqua sarà all'ordine; e si fa una buona polenta. Tu intanto fa' il tuo comodo.
      Renzo, rimasto solo, si levò, non senza fatica, il resto de' panni, che gli s'eran come appiccicati addosso; s'asciugò, si rivestì da capo a piedi. L'amico tornò, e andò al suo paiolo: Renzo intanto si mise a sedere, aspettando.
      – Ora sento che sono stanco, – disse: – ma è una bella tirata! Però questo è nulla! Ne ho da raccontartene per tutta la giornata. Com'è conciato Milano! Le cose che bisogna vedere! Le cose che bisogna toccare! Cose da farsi poi schifo a se medesimo. Sto per dire che non ci voleva meno di quel bucatino che ho avuto. E quel che m'hanno voluto fare que' signori di laggiù! Sentirai.


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I promessi sposi
di Alessandro Manzoni
pagine 798

   





Renzo Milano