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      Giunto a Porta Nuova piegò a sinistra e, percorrendo la strada del pomerio, si diresse alla piazza d'armi, che apresi all'occidente della città sino ai piedi del monte San Pellegrino, ed entrò nell'ombroso giardino reale della Favorita. Al rullo del tamburo e alla voce Galibardo, Galibardo, in un baleno sbucò dai cespugli e schierossi lungo il viale uno schiame di ragazzi, in camicia rossa di cotone, coi gomiti laceri, quale calzato e quale no, e quasi tutti senza berretta. Appena conquistata Palermo, Garibaldi ordinò ad un suo vecchio commilitone di Montevideo di raccogliere quanti fanciulli poveri potevagli venir fatto, e di addestrarli negli esercizi militari.
      Era l'ora del riposo, epperò dal sollione di piazza d'armi essi ritraevansi a quella frescura. Il maggiore Rodi, che lasciò la mano sinistra a Montevideo e gliene sostituì altra di legno, galoppando sulla fronte della brulicante legione gridava: - Allineamento a destra: fissi! - Poi trattenuto il cavallo davanti a Garibaldi così parlò: - Generale, condussi cento barbieri alla spiaggia, faticosamente pescati nella città e nei dintorni, e stamane feci tosare tutti costoro. Indi li feci tuffare in acqua. Nuotano come pesci! Ora sono puliti, e si può avvicinarli senza pericolo. A quest'ultime parole il Generale proruppe in uno scoppio di risa. Poscia dimandò:
      - Quanti sono?
      - Quasi duemila; e, profittando del lieto viso del dittatore, Rodi soggiunse: colla paga di tre tarì, in una settimana avremo tutta la figliuolanza di Palermo.


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La camicia rossa
di Alberto Mario
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