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      Stabilita inoltre la nostra base d'operazione sui gioghi d'Aspromonte, eravamo in grado di ricevere istruzioni fresche da Garibaldi stesso.
      I contadini c'informarono che avremmo trovate qua e là pecore, patate e cipolle, e limpidissime fontane da per tutto. Laonde rimaneva sciolto il problema delle vettovaglie.
      Sul meriggio capitarono ben centoventi calabresi in sandali, cappello conico e brache corte a similitudine del nostro pastore. Li guidava De Lieto. Ognuno aveva un fucile con baionetta, due pistole a pietra alla cintola e coltello. Il giorno susseguente crebbero d'un centinaio capitanati da Plutino, e d'un centinaio la sera con Gerace. De Lieto e Plutino reggiani, Gerace di Catanzaro.
      Io contemplai con ammirazione in quegli alleati uno dei più belli tipi della razza umana. Appartenevano essi alla costa bagnata dall'Jonio ed erano campagnuoli. Di statura media, di membra asciutte e vigorose; i capelli nerissimi cuoprivano, come nelle statue antiche, la fronte quadra e piena, e sotto due sopracciglia sottili e leggermente arcate sfavillavano grandi occhi a mandorla neri quanto i capelli; pure un senso arcano di mestizia velava la vivacità della loro espressione. Il naso era fine e olivastra la tinta del viso, ornato di barba folta. La testa, piuttosto piccola, posava sovra un collo erculeo, pei calori estivi ignudo; ignudo aveano anche il petto velloso. Parevami che la vetustissima stirpe della Magna Grecia si fosse in costoro mantenuta nella sua primitiva integrità. Certamente due famiglie differentissime abitano le sponde dello stretto di Messina.


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La camicia rossa
di Alberto Mario
pagine 232

   





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