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      La vigilia si mangiò una sola volta al mattino, in Pedavoli. E la dimane? E il giorno appresso? Abbandonando l'altipiano dovemmo dire un mesto addio alle patate. Sulla massima altezza di Aspromonte, nella più stupenda foresta di pini veduta da me, le pigne vennero invece di patate. Taluno susurrò di travestimento, di discesa all'opposta marina, e di veleggiamento alla chetichella per Catania.
      Tal'altro mostrò buon viso alla capitolazione offertaci dal nemico dianzi: - trasporto in Sicilia armati - onori di guerra. Ma codeste pusillanimi ciarle senza conseguenze, derise e respinte da altre ciarle contraddittorie, interruppe un grido prolungato d'entusiasmo riecheggiato per la pineta.
      Due intrepidi abitanti di Pedavoli, conducendo tre mule cariche, seppero schivare il nemico, deluderne l'attenzione, e con travagli incredibili camminando giorno e notte per sentieri assurdi, portarci cartucce e pane.
      - Credete che il pane sia avvelenato? io chiesi sogghignando a Plutino.
      - Perché?
      - Lo cossero fornai di Pedavoli!
      - Ma la morte di Romeo?
      - Ma la vita di noi!
      - Insomma, volete indurmi a perdonare.
      - E a mangiare il pane.
      Adunate in circolo le sparute genti, il maggiore disse con tranquilla energia: - I nostri sforzi furono coronati; il nemico s'ostinò sulla nostra orma indebolendo grandemente le linee dello stretto. Noi siamo quasi circondati. Ma adesso che abbiamo le munizioni, possiamo farci valere per tre o quattro giorni ancora. Il nemico mi propose una capitolazione onorevole. Risposi che i garibaldini non capitolano.


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La camicia rossa
di Alberto Mario
pagine 232

   





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