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      I compagni nostri, che desinavano cogli uffiziali borbonici in un'osteria contigua all'accampamento, divisero il nostro dispetto e il nostro cordoglio, rinacerbito poscia dall'arrivo di Briganti, del maggiore e dei capitani, che sedettero a mensa con molta fame e con assai tranquillità. In su quel punto una guida ci avvisò ansiosamente dell'arrivo di Garibaldi. Salutati i nemici, fummo in sella in un lampo con lo spavento in cuore non gli fosse teso un agguato; e via alla carriera ... Incontratolo a breve tratto di là, con la solita calma disse:
      - Venite meco.
      Abbandonata la strada maestra, pigliammo il monte a dritta. Gli cavalcava a lato un prete, che appellavano don Cicillo, in qualità di conducitore, e dopo mezz'ora si smontò ad una villa signorile. Da un finestrino del granaio, Garibaldi si pose a speculare con cannocchiali San Giovanni, la brigata Briganti e superiormente una seconda legione nemica.
      - Che soldati son quelli? chiese Nullo a don Cicillo.
      - La brigata Melendez.
      Non istette guari a spuntare sulla via tortuosa incassata nel monte ragguardevole colonna de' nostri.
      Tutti i vincitori di Reggio. Garibaldi appena riseppe dell'avventurosa vista di noi sei nel campo nemico, della conseguente sospensione della ritirata, degli animi titubanti dei borbonici, del loro generale costretto a parlamento, mandò frettoloso comando che si vuotasse Reggio di soldati, sollecitandoli verso San Giovanni per sentieri indicati. Compresi allora il riposto significato del diniego di lui ai miei inesperti suggerimenti, arrossii delle mie critiche e mi persuasi che non conoscevo sillaba delle cose di guerra.


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La camicia rossa
di Alberto Mario
pagine 232

   





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