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      A cui ella: - Vengo anch'io. Non vi ha feriti in Napoli, e dobbiamo sospendere ogni altra preparazione finché non giunga l'ambulanza generale.
      Ond'io al cocchiere: - Ora a Pozzuoli.
      Il sindaco, pietrificato, mi guatava con pupille stupide, e io leggevo sulla sua fisonomia: - Codesto originale forse si pose in capo di soffocare la rivolta con un sergente, con una pistola, con una moglie! - Ma non osò fiatare a cagione del mio muso duro. Egli si lusingò che io avrei guidato una schiera dei vincitori di Calatafimi e di Milazzo per dare la caccia ai villani d'Ischia e per la guardia d'onore di lui nel suo ingresso in Forio. Intanto dovette starsi pago che nessun contrassegno di grado mi distinguesse, onde a suo agio poteva chiamarmi e annunciarmi colonnello.
      Percorremmo via Toledo, Largo di Palazzo Reale, e voltammo a Santa Lucia. Una fitta moltitudine, intesa ad ascoltare un frate che predicava da una bigoncia a ridosso della fontana di marmo bianco edificata al tempo degli Spagnuoli, ingombrava l'ampia via verso la metà. Dietro la bigoncia sorgevano due trofei d'armi antiche di cartone, involute in fasce tricolori, e a sinistra un fazzoletto di seta a banderuola col ritratto di Garibaldi. Abbiamo impiegato cinque minuti per penetrare nel cuore della folla dirimpetto al frate, ove fece mestieri d'arrestarci. Il frate, - uomo di sessant'anni; bianchi i capelli e la barba; di tinta ulivigna: d'occhi chiari; di sopracciglia lunghe, foltissime e nere, che conferivano al suo sguardo una virtù soggiogatrice; alto, asciutto e vigoroso delle membra; - tuonava con voce terribile; la sua posa era artistica, i suoi movimenti tardi, appropriati ed energici.


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La camicia rossa
di Alberto Mario
pagine 232

   





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