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      Exoritur procurva ingens per litora fletus,
     
      i figli del barone e parecchi giovani patrioti i quali mi vezzeggiavano affinché li presentassi a Garibaldi. Dei repente il battello si arrestò per la frattura nella macchina. Piccolissimo, stravecchio e senza àncora, veniva palleggiato ignominiosamente dalle acque ingrossate, e risicavasi d'urtare contro gli scogli di Procida. Sui volti sgomenti del mio corteo leggevasi che col rompersi della macchina erasi rotto l'incanto della presentazione a Garibaldi. E, rivoltomi al signor B... celiando:
      - Ieri abbiamo mangiato le murene d'Ortensio, oggi le murene mangeranno noi.
      Il pover'uomo s'industriò di sorridere, per debito di cortesia gerarchica, alla mia freddura; allargò la bocca, ma il riso non venne.
      - La lancia è a mare a vostra disposizione, dissemi il capitano di bordo.
      - Mandatela a Procida per altre barche; ce n'andremo tutti in quelle.
      Se l'essere restato a dividere il pericolo comune non infuse coraggio alla brigata, posela nell'obbligo di nascondere la paura. Nondimeno taluno segnavasi di soppiatto, altri agli angoli del ponte sbottonavasi il panciotto, tirava di sotto alla camicia un amuleto in raso ricamato e premevalo sulle labbra.
      Intanto, rigonfiate le onde già abbastanza gonfie da una fresca brezza, si ballava egregiamente; ma per buona sorte il legno, spinto al nord verso il lido euboico, allontanavasi dall'isola. In capo a due ore i battelli di salvamento ci raggiunsero e si vogò a Procida.
      Prima di sera toccammo terra a Pozzuoli.


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La camicia rossa
di Alberto Mario
pagine 232

   





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