Pagina (157/232)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      - Caro Paggi, cominciai con quella maggiore disinvoltura consentitami dal minuto critico, ma pronunciai il cognome con una sola g, ciò che non favorì troppo la ricuperazione della serietà desiderata. Caro Paggi, vi ringrazio d'avermi risparmiato, con quest'ordine del giorno, una ventina di piastre in champagne.
      Ed egli, girando l'occhio sospettoso sugli uffiziali: - Non mi pare argomento d'allegrezze!
      - Taci, Mario, non mi amareggiare, esclamò Caldesi; manderemo Mingon a Napoli per comperare lo champagne. Berrà anche il colonnello. Non è vero, colonnello? Qui fra noi, alla buona.
      La diversione del maggiore Caldesi ha sviato l'attenzione del colonnello, il quale dimandò:
      - Chi è Mingon?
      A cui Caldesi:
      - L'ordine del giorno non lo tange. Mingon, amico mio, famigliare e concittadino, fa meco la guerra per diletto. Lo generò Faenza, lo rapì ... Eccolo qui per lo appunto. Mingon, entrando, a Caldesi:
      - Ooh!
      Caldesi a Mingon:
      - Ooh! - Ooh! era il saluto consueto del domestico al padrone, e di questi a quello.
      Il colonnello a me:
      - Il generale vuole parlarvi.
      - Vo subito.
      Lo trovai accigliato e cogli occhiali sul naso, seduto al tavolo, esaminando e firmando carte di Stato.
      - Leggete questa lettera, mi disse.
      Ravvisai subito dalla scrittura una lettera di Mazzini. Lessi e stetti aspettando ch'egli parlasse per primo.
      - Mazzini mi esorta, così principiò, e mi spinge di gettarmi su Roma; mio primissimo divisamento entrando in Napoli. Ma come lasciarmi a tergo sessantamila uomini fra Capua e Gaeta? Appena partito, Napoli sarebbe stata ripresa, e il continente perduto.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

La camicia rossa
di Alberto Mario
pagine 232

   





Paggi Paggi Mario Caldesi Mingon Napoli Caldesi Mingon Caldesi Faenza Caldesi Mingon Stato Mazzini Roma Napoli Capua Gaeta Napoli