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      Sapete, marchese mio, lo scopo della brillante campagna delle Marche? L'invasione del regno per tagliare le ali all'aquila di Caprera.
      - Udite i recentissimi sensi di Sua Maestà a me, ambasciatore del generale: "Sono amico di Garibaldi, ammiro il valore dei garibaldini, verrò a stringervi la mano sul Volturno e a completare le vostre vittorie: le deputazioni d'ogni parte mi vi chiamano". Ditemi di grazia, caro Mario, che sarebbe di noi senza questo intervento? Già la reazione si manifesta nel Molise, e un oratore di Boiano capitò stamane a impetrare dal dittatore aiuto d'uffiziali esperti e qualche battaglione.
      - Lo so. Il nemico allungò il suo corno sinistro e fece una punta ad Isernia per foraggiare, per suscitare partigiani negli Abruzzi, e per contrastare il passo all'esercito del nord. Innocenti sforzi! Garibaldi or ora mi disse: "L'abbiamo fiaccato il 1° ottobre; è impotente". Se ciò non fosse, esso avrebbe ritentata la sorte dell'armi contro noi per debellarci e tornare vincitore in Napoli, innanzi all'arrivo del vostro re. Il quale se ci sapesse vinti, volterebbe il cavallo per Torino. Noi assalteremo Capua in breve. È il voto dell'esercito, il nostro sospiro, e una speranza scesa da altre regioni.
      - Domando la parola, Caldesi interruppe sbadigliando: scendiamo anche noi come la prelodata speranza da coteste nuvole in terra ferma. Si compera lo champagne, sì o no? Mingon, sentinella vigilante, attende gli ordini. Mingon! Dove andò? Dorme! La vostra eloquenza, ragazzi, gli ha conciliato il sonno.


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La camicia rossa
di Alberto Mario
pagine 232

   





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