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      Rizzossi egli da capo, e con movenze piuttosto incerte si avvicinō al nostro gruppo, accennando di parlare a Paggi.
      Caldesi, uomo sui quarantaquattro anni, di media statura e pingue anzi che no, vestiva una grossa camicia rossa; davanti al bālteo di filo d'argento pendevagli un borsello che posava quasi orizzontale sul convesso del ventre e conteneva la rivoltella. I calzoni aderenti alle polpute gambe erano in basso racchiusi entro le trombe degli stivali, girate da una fascia di marocchino verdastro e con le due orecchiette di fettuccia pendenti all'infuori. Al tacco di questa calzatura borghese lampeggiavano vistosi e sonanti speroni. Il suo passo era breve e l'un piede piantavasi a riguardosa distanza dall'altro, quasi si peritasse del centro di gravitā. Aveva sulla fisonomia il sigillo della bontā inalterabile; e qualche macchiuzza pallente intorno alla luce degli occhi conferiva al suo sguardo un'espressione che vacillava fra il serio, l'arguto e l'ameno.
      La sua ingenuitā schiettissima zampillava originale e spiritosa. Le sue idee e le cose riflettevano agli occhi suoi, forse a ragione delle macchiuzze, una particella meravigliosa ch'egli esprimea con parola lenta, musicata, nasale e intinta d'accento faentino, provocatrice di freschissime risate. Cospiratore da vent'anni, or esule, ora carcerato, soldato nelle guerre dell'indipendenza, deputato alla Costituente romana, rispettato e popolare in Romagna, si capisce che se ridevamo di lui, egli possedeva il nostro amore.
      Piantatosi davanti al colonnello Paggi:


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La camicia rossa
di Alberto Mario
pagine 232

   





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