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      I tempi e le forme mutarono, l'istinto di soggezione religiosa rimase invariato, e sussiste tuttavia vincolo sociale e ispirazione guerriera.
      - Può darsi, osservò con ciera pensosa il capitano, ma le mi paiono arbitrarie analogie e fragili deduzioni. Un abisso di secoli disgiunge le due età, e ci vorrebbe la pupilla divina per discernere i sottilissimi fili del rapporto.
      - Io non v'insisto: però v'ha un'altra qualità di prova; le medaglie scoperte a Rocca d'Aspromonte presso Boiano. Le teste nelle medaglie paiono fotografie dei cafoni; chioma crespa e voluminosa, fronte bassa e larga, naso schiacciato e narici turgide, zigomi espressi, mento ampio e labbra senza curve.
      - Sembrano i connotati d'un passaporto, fece Caldesi. Se tali le medaglie, tali i cafoni, ma non basta per battezzarli Sanniti. Ci vuole una prova morale; li vedrò in battaglia.
      A Ponte Landolfo ci aperse la sua casa l'esattore delle gabelle, caldo fautore delle nuove cose e uomo d'accorti consigli. Egli ci informò che duemila fra soldati regi e gendarmi occupavano Isernia, ove mettevano capo due o tre migliaia di cafoni, i quali mantenevano viva la ribellione in un raggio di quindici a venti miglia da quel centro. Costoro, spartiti a squadre che caporali dei gendarmi guidavano, campeggiavano sui monti dilatando l'orbita della insurrezione a' più rimoti villaggi, e componevano ugualmente a squadre i nuovi associati senza distaccarli dalla cultura dei propri campi.
      - E questi, ci proseguiva, sono i più terribili, perché, scorgendoli voi alla zappa e alla marra sulle sudate pendici, non ne pigliate sospetto; ma eglino, ad un segno convenuto, per vie ignote altrui, ad essi notissime, vi balzano a tergo, oste ordinata e inattesa.


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La camicia rossa
di Alberto Mario
pagine 232

   





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