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      Non era una bellezza incontestabile, e per avventura il piglio energico offendeva le delicate linee della grazia, se pure la sua spontaneità nativa non rendevalo attraente come il fiore della selva. Spigliata e agile della persona, avea il passo, la posa, la dignità d'una principessa. Calzava il breve e asciutto piede con eleganza pericolosa; e se alcuna rara volta toglievasi i guanti, mostrava una mano lunghetta e rosea, con pozzette ridenti e con ridenti e rosee e ovali e tenerissime unghie. Aveva bellissimi gli occhi bruni, ai quali le folte ciglia conferivano un'espressione complessa di voluttà, di mestizia, d'ingenuità, di penetrazione. I voluminosi e nitidi capelli neri, pettinati a ritroso e raccolti in un fascio di elaborate treccie, facevano spiccare la fronte di statua greca, ove esultava la giovinezza. Uno zendado bianco coprivale a metà la stupenda curva del capo, e aggruppato disotto al collo scendeva in doppia falda listata di frangia d'oro.
      Il velo d'Iside.
      Quel dì il capitano e Silvia, attirati inconsapevolmente l'uno verso l'altra, ebbero più fiate occasione di particolari colloqui: si trovarono vicini a pranzo, soli a passeggio in giardino nell'ora del caffè, e dirimpetto in carrozza. Questa serie d'opportunità non fu ordita, nacque da sé; e noi intertenendoci coi signori X..., vi abbiamo cooperato. Egli palesossi cavalleresco, appassionato, eloquente. Vago di sintesi ed educato alla scuola sentimentale degli umanitari, le sue idee pigliavano sembianze pellegrine nella mente di Silvia, e vi s'impressero come una ghirlanda di punti luminosi che l'abbagliarono.


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La camicia rossa
di Alberto Mario
pagine 232

   





Iside Silvia Silvia