Pagina (195/232)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Tentò essa due volte di fronteggiarmi, ma raccolti i miei in massa l'assaltai alla baionetta, e pervenni di gettarne una parte sulla sinistra e d'impedire il suo ricongiungimento col rimanente che per la consolare si rifugiò in Isernia. Mi sorse in pensiero d'entrarvi insieme alla rinfusa, ma ignoravo quale fosse la mente della cittadinanza; temevo d'oltrepassare le intenzioni del comandante, e quantunque i miei avessero superato le mie speranze, non ero certo della loro virtù per un cimento supremo e cotanto ineguale. Stetti perplesso alquanto, e al fine deliberai d'impadronirmi della linea di collinette che limitano la pianura e sovrastano a Isernia; ove mi collocai. A man ritta la consolare biforcandosi volge ad Isernia e a Castel di Sangro. Mi rallegravo d'averla sgomberata dai nemici epperò di poter porgere facoltà a Nullo d'eseguire senza ostacolo l'antiveduto cambiamento della base d'operazione, se necessario.
      Era già mezz'ora di sera e nessun ordine mi venne trasmesso dal comandante. Laonde, consegnata ad un capitano la custodia della collina, rifeci la via al quartiere generale di Pettorano per riferire il risultato delle mie operazioni, per apprendere i particolari della vittoria su tutta la linea e per ricevere nuove istruzioni. Una sequela d'archibusate partite da Pettorano mi fastidiva il ritorno, e deploravo il solito vezzo dei volontari di tirare ad ogni ala di vento, anche contro ai propri amici. Giunto con qualche difficoltà a traverso i campi, intercisi da fossati e da siepi, sulla consolare, mossi al trotto verso l'osteria discosta circa due miglia.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

La camicia rossa
di Alberto Mario
pagine 232

   





Isernia Isernia Isernia Castel Sangro Nullo Pettorano Pettorano