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      - Giuro e vado per accontentarvi; ma i gendarmi ci sono come voi siete qui.
      Parevami codardia lo scendere, eppure trepidando sulla sorte della mia schiera e risoluto di raggiungerla, scesi. Venti minuti appresso ricomparve il contadino a riconfermarmi il fatto terribile. Dategli le due piastre e stesagli la mano, lo ringraziai, stupefatto assai più della sua generosità che della nostra disfatta. Egli, separandosi da me, mi augurò buona fortuna e mi consigliò di pigliare la cima dei monti. Io mi avviai verso le colline d'Isernia al mio manipolo. Ma a poca ora di là l'incontrai sgominato e atterrito e assottigliato; nel riconoscermi, quei miseri, si racconsolarono alquanto, e riseppi che un'ora dopo la mia partenza un nugolo di nemici fece impeto sulla collina, e ne li ributtò all'arma bianca, perseguitandoli.
      Io li ragguagliai della situazione, e gl'invitai a seguirmi verso Boiano, sulla consolare, aprendoci la ritirata con la punta della baionetta.
      - La ritirata di soldati garibaldini, conchiusi, deve risolversi in un assalto.
      Nativi del Molise quei volontari, pratici dei luoghi, m'invitarono alla loro volta di lasciare il cavallo, di montare sulla cima delle montagne, e di cima in cima riparare a Boiano con minore pericolo.
      Risposi che in quello infortunio non erami grave il morire, che avrei stimato viltà abbandonare il cavallo, e che preferivo la morte affrontando il nemico, alla salute evitandolo. Eglino non pertanto presero l'erta, ma, divisi nell'opinione, si divisero per le opposte montagne, ed io soletto voltai e mi mossi sulla consolare.


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La camicia rossa
di Alberto Mario
pagine 232

   





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