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      Ne l'ho redarguito più tardi; per allora gli dimandai affannosamente degli amici. Entrato nella stanza indicatami, trovai Nullo coricato e Sottocasa da Bergamo, guida. Eglino a me ed io a loro sembrammo apparizioni. Mi, raccontarono sommariamente che il maggiore Caldesi posteggiò alla volta di Campobasso per trasmettere un telegramma a Garibaldi, che nulla sapevasi del capitano Zasio, che quasi metà delle guide perì nella ritirata, e che appena un'esigua porzione della colonna fin'allora chiappò alla riva.
      - Un'ora prima del tramonto, continuò Nullo, circuiti e stretti da ogni canto, rompemmo violentemente il circolo degli assalitori davanti all'osteria, percorremmo la consolare, sotto un fuoco di fila a dieci passi durante cinque miglia, sino al di qua di Castelpetroso, pestando e ferendo quanti s'ardivano sbarrarci la via. Gl'infami assassinarono in carrozza Bettoni e qualche altro ferito, Lavagnolo e l'ordinanza del maggiore che li scortavano.
      - Li trovai, interruppi, cadaveri e spogliati.
      - Mori, ripigliò egli, ebbe ucciso il cavallo, e aggrappatosi alla coda d'altro cavallo venne atterrato e spento di moschetto e di pietra. Il piccolo drappello lottando con valore e con calma sopravvisse in parte all'eccidio con sì meravigliosa fortuna che tuttavia parmi una illusione. Non so comprendere come questi astuti villani non abbiano asserragliato la strada, e spiego la singolare fortuna nostra congetturando che tirassero al cavaliere, avidi del cavallo. E per ciò e per la velocità e per l'audacia radi colpi percossero.


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La camicia rossa
di Alberto Mario
pagine 232

   





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