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      Ho paura gliela scavino i guastatori del re sardo! Codeste strade profonde e serpeggianti a foggia di arterie, le quali aggruppansi a Capua e facilitano le sorprese nemiche, segano in varie guise la campagna sulle due rive del Volturno. Infatti, nella battaglia del 1° ottobre una schiera borbonica, scivolando per una di tali uscite fraudolente, sfuggì alla vigilanza della divisione Medici e comparve repentina e formidabile sul vertice del monte Sant'Angelo tempestando alle spalle Garibaldi che in più bassa parte con poche genti tenea testa ad altra schiera di fronte. Qualunque capitano, io stimo, sarebbe caduto prigioniero, e in tale convinzione i nostri impallidirono.
      Ma Garibaldi con aspetto tranquillo e con prontissima parola mutò le opinioni dicendo: - Costoro caddero in nostra mano.
      Eseguendo un movimento di fianco e calcolando sul preordinato arrivo d'un battaglione della brigata Sacchi da San Leucio, che arrivò puntualmente col maggiore Ocari, costrinse il temerario assalitore di ritrarsi fuori della propria orbita e di cedere le armi alla dimane.
      Finalmente venne la mia volta nella disposizione della marcia generale, e in qualità di capitano di stato maggiore io cavalcava alla sinistra del brigadiere Eber, indicatore del cammino. Addietro di venti minuti dalla divisione Bixio, noi avanzavamo soli. La strada, girando alla base del monte Sant'Angelo, sale e toglie alla vista il tratto sottostante del fiume.
      Eber mi dimandò: - Dov'è il ponte?
      - Il ponte! già! ci vuole il ponte! pensai.


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La camicia rossa
di Alberto Mario
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