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      Per la prima, volta nel secolo presente non si vide in Italia, come sempre in passato, prevalere ad argomento della sapienza dei governi l'uso di fondare e arricchire monasteri; s'accrebbero in vece le rendite e la vigilanza del governo sulle parrocchie(6), e meglio si provvide all'economia degli ospedali e di altre pie fondazioni; si abolirono i giorni festivi, che divenuti troppi e degeneri dalla primitiva istituzione, impedivano il regolare cammino del commercio, fomentavano l'ozio, le male pratiche e la gozzoviglia; non più nell'aula santissima dei tribunali, e alla presenza dell'immagine augusta di Cristo predicato Redentore, profanato, schernito da magistrati compri o ignoranti il nome e il ministerio della giustizia, protettrice in passato di nobili famiglie e di malvagi privilegi, non dell'innocenza, del diritto o della povertà a torto calunniata ed oppressa; non venali i segni d'onore e le pubbliche funzioni, ne conferito il comando ai titoli, all'insolenza, all'ignoranza inseparabile dagli illustri casati.
      Ed altra fortunata innovazione di quel tempo e di quella signoria fu il cambiamento operatosi nel vivere sociale degl'Italiani, con vantaggio incontrastabile delle classi, con profitto delle arti, con accrescimento di generosi sensi e di civiltà. Prima d'allora vivevano i nobili o segregati dal rimanente consorzio degli uomini nei loro castelli o fra loro in città; viveva il ceto dei commercianti unicamente occupato de' suoi negozii; vegliavano i dotti nel loro gabinetto, ammessi talvolta alla tavola dei grandi perchè vi rallegrassero la patrizia brigata con le loro lepidezze, e le tributassero encomii con la lettura di un loro sonetto o madrigale; vivevano i possidenti nelle proprie terre in contado; e quando occorreva loro di venire in città, non mai ciò facevano per isfoggiare un gran lusso a competenza dei nobili o far pompa di signorili ricchezze; alternavano le più illustri donne il tempo loro fra i puerili trattenimenti, i cicalecci dei teatri e le adorazioni de' cicisbei; passava il popolo i giorni feriali ne' consueti lavori di braccia, le feste nei beati ozii di chiesa, nelle bettole e nelle gozzoviglie.


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-Storia d'Italia continuata da quella del Botta dall'anno 1814 al 1834
Parte prima 1814-22
di Giuseppe Martini
Tipogr. Elvetica Torino
1850-1852 pagine 496

   





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