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      Le lettere del ministro, chiare, officiali, ostensibili, bastavano per sè sole a dissipare dall'animo dei Genovesi qualunque contraria persuasione. Laonde, volendo il governo provvisorio in tanto dispregio delle leggi più venerate della giustizia lasciare al mondo un esempio che ricordasse alle generazioni future la patita violenza in tutti questi provvedimenti presi dai confederati in opposizione agl'interessi del popolo ligure, oppure consentili dal suo inviato trapassando i limiti delle facoltà ad esso conferite, e conservare all'intiera nazione genovese la integrità de' suoi diritti, privilegi e ragioni, dichiarava prima di tutto al cospetto dell'Europa, ch'egli cedeva all'uso arbitrario ed ingiusto della forza; dipoi, addì 26 dicembre mandava fuori una più solenne protestazione nei seguenti termini: "Informati che il congresso di Vienna ha disposto della nostra patria, riunendola agli Stati di sua maestà il re di Sardegna, risoluti da una parte a non lederne i diritti impreteribili, dall'altra a non usar mezzi inutili e funesti, noi deponiamo un'autorità che la confidenza della nazione e l'acquiescenza delle principali potenze avevano comprovata. Ciò che può fare per i diritti e la restaurazione de' suoi popoli un governo non d'altro fornito che di giustizia e ragione, tutto, e la nostra coscienza lo attesta, e le corti più remote lo sanno, tutto fu tentalo da noi senza riserva e senza esitazione. Nulla più dunque ci avanza se non di raccomandare alle potestà municipali, amministrative e giudiziali l'interino esercizio dell'uffizio toro, al successivo governo la cura dei soldati che avevamo cominciato a formare, e degl'impiegati che hanno lealmente servito, a tutti i popoli del Genovesato la tranquillità, della quale non è alcun bene più necessario alla nazione.


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-Storia d'Italia continuata da quella del Botta dall'anno 1814 al 1834
Parte prima 1814-22
di Giuseppe Martini
Tipogr. Elvetica Torino
1850-1852 pagine 496

   





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