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      E se un popolo, stato sì di fresco independente, dee aver fede in una sì solenne promessa, egli è certo il popolo genovese, che ne ha il più sacro, il più incontrastabile diritto. Fu nel suo paese che, con in mano un suo bando scritto, venne un generale inglese per militari e politiche trattazioni in più occasioni assai pregiato dal proprio governo. Egli stesso vide, ed altamente dichiarò, che universale desiderio dei Genovesi era il recuperare la condizione loro di nazione libera, independente e da' suoi traffichi prosperata. Egli stesso installò un governo con intenzione di solidare il rinnovellamento di tali beate cose, e le persone più assegnate di tutto lo Stato a ciò concorsero con sommo loro contento e soddisfazione. E non pure gli abitatori della città capitale, ma quelli delle terre più distanti, i loro desiderii, la loro divozione, ed i personali sagrifizii loro unirono alle cure e agli sforzi assidui delle autorità che li governano. La qual cosa è nota pienamente alle corti europee; se ne fece menzione nel parlamento di Londra, e da niuna parte s'udì rimostranza o ragione che le si opponesse.
      Ed ora, dopo sei mesi di un'era novella di tranquillità, di rinato commercio, di felicità, di dimenticanza delle passate tribolazioni, di grande espettazione dell'avvenire, potrebbe il congresso, potrebbe quell'adunanza in cui s'affidano la giustizia e le speranze delle nazioni, amareggiare in un tratto tutti i godimenti passati e le speranze future, cancellando dal numero delle nazioni d'Europa la nazione genovese?


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-Storia d'Italia continuata da quella del Botta dall'anno 1814 al 1834
Parte prima 1814-22
di Giuseppe Martini
Tipogr. Elvetica Torino
1850-1852 pagine 496

   





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