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      Palesiamo intiera e senza studio di parti la veritā. Importava prima d'ogni altro all'Austria, intenta allora a diffondere in Italia gli esempii del comandare assoluto, che la costituzione siciliana di buon grado o colla forza si spegnesse. Oltre a ciō i restanti membri della casa dei Borboni di Francia, ma soprattutto di Spagna, non nutrivano a quel tempo inclinazioni diverse da quelle palesate dalla corte di Vienna; un esercito tedesco agguerrito, provato alle vittorie, insistente nel regno, stava infine preparato a dar mano alle risoluzioni del Borbone, ove questi di aiuti lo richiedesse. Con tutto ciō la distruzione di quello statuto nč anco avrebbe potuto facilmente compirsi da Ferdinando, se in quella pratica insidiosa e malvagia non lo avessero secondato, prima i nobili siciliani, poscia anch'essi gl'Inglesi.
      Scadeva col finire del mese di agosto dell'anno 1816 il tempo fissato nelle ultime adunanze per la riscossione delle pubbliche imposte, e regolare ora la somma e il modo di percepire le nuove non si osava senza il formale consenso del parlamento. Ma nč anco si osava di convocarlo, sendo che si temesse ostile per l'odio che generalmente portava la nazione ai ministri Gualtieri e Ferreri, avversi alla libertā della Sicilia ed alla parte popolare. Alimentava parimente l'odio della nazione il Giornale patriottico, fondato da Giovanni d'Aceto, caldo amatore della patria e delle sue franchigie, e sostenitore acerrimo delle dottrine costituzionali nel parlamento, prima che fosse violentemente disciolto per volere di Ferdinando nel 1815. Quinci nacque pei borboniani la necessitā di tendere insidie allo statuto siciliano, e d'incominciarle appunto dalla Sicilia.


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-Storia d'Italia continuata da quella del Botta dall'anno 1814 al 1834
Parte prima 1814-22
di Giuseppe Martini
Tipogr. Elvetica Torino
1850-1852 pagine 496

   





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