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      Il principe di Belmonte, allontanatosi due anni innanzi dalle terre siciliane per non assistere all'eccidio della sua patria ch'ei prevedeva non molto lontano, era morto poco dopo; ne difficoltà alcuna aveva motivo di temere il governo napolitano da questo lato. Il principe di Castelnuovo, siccome abbiamo detto prima, incapace di recare danno od offesa alle istituzioni liberali del proprio paese per sentimenti di patria generosità ed amorevolezza, non avea però quella fermezza di propositi che sì richiede per guidare da capo una impresa arrisicata, nè quella risolutezza di azione che tira a sè le intiere popolazioni, e le trascina irresistibilmente là dove si vuole ad ogni costo riuscire. Degli altri capi della nobiltà siciliana, chi, adescato dalle lusinghe e dalle promesse, seguitava con volonteroso animo il disegno di rovesciare quell'edifizio tanto glorioso rimasto in piedi da più di cinque secoli; chi si teneva in disparte, parato ad accorrere alle ambizioni della corte di Napoli quando lo sapesse disfatto, o a tributargli onori e rispetto, se lo vedesse opporre una resistenza vittoriosa alle mene dei nemici. Su questi principalmente avevano fatto fondamento il governo e la corte di Napoli per arrivare ai lor fini. Sicuri pertanto di non incontrare opposizione di momento dalla parte dei nobili, i governanti napolitani si diedero tosto a far brogli coi membri più influenti del parlamento, con alcuni adoperando arti varie ed astute, ad altri facendo profferte molto lusinghiere di pecunia e d'impieghi, nè senza favorevoli risultamenti; si voltarono infine verso coloro fra gli ecclesiastici, massime prelati e pari del regno, che più godevano di una grande autorità appresso alle popolazioni siciliane, e da loro ottennero che si preparassero gli animi nell'isola alla insolita mutazione, o si rendessero quieti e benevoli quando ella fosse compita: si usassero soprattutto le insinuazioni; ai renitenti facessesi eziandio udire il suono di qualche lontana minaccia; agl'incerti si facesse accortamente intravedere la più che probabilità di regii e ministeriali favori.


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-Storia d'Italia continuata da quella del Botta dall'anno 1814 al 1834
Parte prima 1814-22
di Giuseppe Martini
Tipogr. Elvetica Torino
1850-1852 pagine 496

   





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