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      Aveva sperato il pontefice, che Ferdinando restituito nel regno delle Due Sicilie non avrebbe dubitato di prestare a Roma il solito omaggio della chinea, tanto più che lo sapeva ora più docile ai terrori della religione; ma vedendosi ad un tratto deluso della sua aspettativa, e abborrendo specialmente dall'apparire lento o inoperoso in una faccenda di tanto momento, pensò di far udire direttamente le sue querele al re per ammorbidire ogni durezza, e tôrre di mezzo le difficoltà che ancora si frapponessero. Proponevasi in sostanza la corte di Roma di far bene comprendere al re Ferdinando, che non una privata offerta di divozione essa voleva, ma sì una pubblica conferma di omaggio da rendersi alla chiesa; un solenne e indecoroso riconoscimento di vassallaggio dal lato del sovrano delle Due Sicilie per la concessa investitura del regno in tempi anteriori. Scrissegli pertanto papa Pio una lettera in forma di monitorio, rammentandogli con arte grandissima le promesse già fatte prima ch'egli abbandonasse la Sicilia, e pienamente confermate al suo ritorno in Napoli; esortavalo ora a non fare, che il mondo vedesse riuscir vuota d'ogni effetto la data parola, ed altamente nella più interna parte dell'animo suo riponesse, che se non si fosse arreso di buona voglia alle paterne ammonizioni del pontefice, di un procedere tanto diverso dal primo avrebbe un giorno dovuto rendere ragione aquel Dio che è sopra tutti i re, dal quale sentirebbesi in tuonante voce rimproverare la trasgredita obbedienza agli avvisi salutari del suo rappresentante in terra.


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-Storia d'Italia continuata da quella del Botta dall'anno 1814 al 1834
Parte prima 1814-22
di Giuseppe Martini
Tipogr. Elvetica Torino
1850-1852 pagine 496

   





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