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      Vedevasi patentemente, che i successori di san Pietro col tentare di riassumere quei diritti che avevano un tempo usurpati, intendevano, non solamente a liberare i loro protetti dall'azione mediata del braccio secolare, ma ancora a creare per sè un'autorità molto estesa che i sudditi di uno Stato facesse dipendere non dal monarca, ma dal papa; vedevasi, che volendosi unicamente e sceltamente conformare alla lettera del trattato, presto si sarebbe tornati ai tempi del medio evo, allorchè prevalendo nella curia romana le cupidità e nei principi la ignoranza, aspirava Roma ad arrogarsi una signoria suprema sul mondo cattolico, costituendo il sacerdozio superiore all'impero. Insomma da tutte le seguite trattazioni, e molto più dall'avere conferito sì ampio potere ai vescovi quasi sempre sottoposti al papa per speranze, per benefizii e per legami di coscienza, risulta, che Roma aveva preso di mira di abbassare la sovranità per potere più sicuramente ridurre i popoli in servitù, ed al magistrato togliere qualunque independenza nei giudizii civili. Fu tentativo insidioso e sfrenato; e se questo solo agli articoli scritti si aggiungeva, essere cioè la potestà temporale subordinata alla ecclesiastica (il che però in qualche modo venivasi ad accreditare col fatto), ed il papa per l'utile della sua chiesa avere autorità di esimere i sudditi dalla consueta obbedienza al principe, il concordato napolitano sarebbe rimasto, non già documento del secolo decimonono tanto vantato per filosofici lumi, ma sì solenne testimonio dell'età del settimo Gregorio, pontefice sommamente avverso alla dignità e alle prerogative del trono.


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-Storia d'Italia continuata da quella del Botta dall'anno 1814 al 1834
Parte prima 1814-22
di Giuseppe Martini
Tipogr. Elvetica Torino
1850-1852 pagine 496

   





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