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      anza, e nei momenti più critici discenderebbe invisibile lo Spirito Santo dal cielo ad infonder loro la scienza, e trarli miracolosamente d'impaccio.
      E dirò cosa, che a taluno certamente parrà esagerata o strana, ma pure è vera. Non era raro il vedere negli Stati pontificii, che uno il quale aspirasse ad ottenere la cattedra di pubblico professore di letteratura, medicina o chirurgia, doveva prima far atto di professione di fede avanti al vescovo o ad un semplice prete conosciuto per le sue aderenze verso i promotori della riazione e del Santo Uffizio; promettere per iscritto e con solenne giuramento di svelare le trame dei liberali, qualora egli venisse a saperle; indagare con ogni mezzo lecito ed illecito i loro andamenti e i loro pensieri più ascosi; indurli a criminose rivelazioni, anche con incitamenti e dimande suggestive, e con farsi credere a parte delle loro macchinazioni. Erano questi vescovi e preti fra i capi della congrega detta negli Stati romani dei Sanfedisti. La quale insinuatasi a poco a poco, e cresciuta in breve gigante e formidabile nell'amministrazione, nella magistratura, negli uffizii di chiesa, nella pubblica istruzione, nei gradi superiori come negl'infimi posti della società, fu vista in Roma disporre degl'impieghi, distribuire cariche, predicare a fronte scoperta che si dovessero senza commiserazione alcuna uccidere, manomettere, disperdere quanti fossero convinti o soltanto sospetti di appartenere alla infame setta dei liberali, non avuto riguardo alla loro condizione, origine, patria, fortuna o aderenze; non lasciandosi muovere alle supplicazioni dei vecchi o al pianto delle donne e dei fanciulli; versando anzi fino all'ultima goccia il sangue degl'infami liberali, senza riguardo a età, sesso o grado, non eccettuati i bambini, per evitare le vendette che questi un giorno potessero fare sulle persone di chiesa Tali sono le proprie parole registrate negli statuti scritti dei Sanfedisti.


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-Storia d'Italia continuata da quella del Botta dall'anno 1814 al 1834
Parte prima 1814-22
di Giuseppe Martini
Tipogr. Elvetica Torino
1850-1852 pagine 496

   





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