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      Noi siamo ilari, franchi, coraggiosi, e di conseguenza compiacenti, se ci sentiamo una esistenza facile, e scevra di mutazioni moleste. Tutto all'apposto, se accade il contrario. Gl'ipocondriaci non sono diffidenti, timidi, sospettosi, meno socievoli, che a misura che sentono la difficoltà della loro esistenza. Quanto piú difficile questa, piú si teme di perderla. Qualunque impressione che può minorare la percezione di una esistenza fluida, è permanente, potrà recarli noia, e diffidenza. Lo spirito nostro è a tal foggia coniato, che fugge naturalmente ciò che lo molesta e l'invade. Epicuro molto bene lo espresse: «... Nil aliud natura latrare nisi cui / Corpore sejunctus dolor absit, mensque fruatur / Jucundo sensu cura semota metuque». L'occhio malefico ha la proprietà d'infettare di veleno quello che guarda con attenzione maggiore, come piú chiaro si scorgerà in appresso. Que' raggi dunque, quel non so che sottilissimo, che, dipartendosi dagli occhi del jettatore, ferisce l'affascinato, per una particolare virtú vi si attacca, e lo ricuopre di un fluido molesto e noioso. Cosí ridotto, appressandosi questo ad uno non molto stupido, sensibile riesce. Questo è che un jettatore annoia senza manifesta ragione colla sola presenza, e lascia dietro all'affascinato del peso, della noia, del fastidio, da non togliersi che con una opposta virtú, cioè colla vista di un oggetto benefico, amabile, gioviale, che ricrea cogli occhi, espresso molto bene dal Petrarca:
      E 'l Ciel di vaghe, e lucide faville


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Capricci sulla jettatura
di Gian Leonardo Marugi
pagine 79

   





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