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      (62) Noi dobbiamo una precisa spiegazione del fulmine al mio pregevolissimo amico D. Giuseppe Saverio Poli, istruttore di S.A.R. il Principe delle due Sicilie. Oltre le tante chiarissime ed eruditissime opere delle quali va egli arricchendo la repubblica letteraria, vi è quella Della formazione del tuono, della folgore, e di altre meteore, e quell'altra, Riflessioni intorno agli effetti di alcuni fulmini. Quivi colle piú accurate osservazioni ed esperienze ci fa egli il primo vedere la folgore nascente, ambulante e moriente. Ci fa toccar con mani che, nello slancio che fa la materia elettrica, passando da una in un'altra nuvola, squarcia per necessità l'aria frapposta con celerità indicibile, e cagiona quell'orrendo strepito che tuono si chiama. Se poi la nube capace non fosse di ricevere tutto l'elettrico torrente, di cui la nube elettrizzata va gravida, o vi fossero dell'esalazioni e vapori sparsi nell'atmosfera, che possano servire come di conduttori per trasmetterlo sulla terra, si scaglierà con violenza terribile su qualche sito della medesima sotto l'aspetto di folgore. Fate adunque uso della vostra filosofia razionale, e troverete la jettatura abbastanza potente per muovere i tuoni e far cadere i fulmini. Non abbiamo veduto consistere la medesima in certe parti sottilissime, ed in altre meno sottili che dal corpo del jettatore si dipartano? Dobbiamo dunque credere che le meno sottili facciano le veci di tanti caricatori, facendo crescere a qualche nube l'elettricità necessaria allo slancio ed allo scoppio del fulmine.


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Capricci sulla jettatura
di Gian Leonardo Marugi
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