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      Aprite, lì sullo scorcio dell'ultimo volume, l'Ivanhoe, un romanzo che ha fatto le delizie di tre generazioni. Io n'ho voluto rileggere almeno quell'ultimo capitolo; e devo confessarlo, il color locale me n'è parso sbiadito assai, in confronto ai miracoli degli ultimi ricostruttori alla Flaubert. Ma una gioventù immortale, perchè è la gioventù vera del genio, la troverete invece in tutto il canto là d'Ariodante e Ginevra, nell'Ariosto:
     
      Oh quanto ha il Re, quanto il suo popol caroChe Ginevra a provar s'abbia innocente!
      Tutti han speranza che Dio mostri chiaroCh'impudica era detta ingiustamente.
      Crudel, superbo, e riputato avaroFu Polinesso, iniquo e fraudolente;
      Sì che ad alcun miracolo non fiaChe l'inganno da lui tramato sia.
     
      Sta Polinesso colla faccia mesta,
      Col cor tremante e con pallida guanciaE al terzo suon mette la lancia in resta.
      Così Rinaldo inverso lui si lancia,
      Che disïoso di finir la festaMira a passargli il petto colla lancia:
      Nè discorde al disir seguì l'effetto,
      Chè mezza l'asta gli cacciò nel petto.
     
      Fisso nel tronco lo trasporta in terraLontan dal suo destrier più di sei braccia:
      Rinaldo smonta subito, e gli afferraL'elmo pria che si levi, e glielo slaccia:
      Ma quel che non può far più troppa guerra,
      Gli domanda mercè con umil faccia,
      E gli confessa, udendo il Re e la Corte,
      La fraude sua, che l'ha condotto a morte.
     
      Ecco di che modo codesti fattucchieri di poeti possono costringervi ad applaudire con entusiasmo perfino l'esito di un Giudizio di Dio. In verità, Platone non aveva torto quando li voleva cacciar via, con una corona di rose in testa, dalla sua Repubblica.


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L'odissea della donna
di Tullo Massarani
Editore Forzani Roma
1907 pagine 356

   





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