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      Era l'occasione che questi cercava. Ghâlib in battaglia perì, e il Regno di Leon, che gli avea fornito ausiliarii, fu teatro di una invasione formidabile e sterminatrice. Ridotta Zamora un mucchio di rovine, il conquistatore tornò a Cordova, e si fe' chiamare quind'innanzi Al-manzor billâh, il Sorretto da Dio.
      Ma l'aversi fatto un vassallo di Bermudo, cugino del detronizzato Re di Leon, non gli bastava. Invase la Catalogna, che, siccome feudo di Francia, i Califfi avevano insino allora rispettata; per Murcia fu a Barcellona, la prese, la saccheggiò, l'incendiò. Mandò poi l'ira sua contro il Marocco, ove l'antico vinto, l'Edrisìde Ibn-Kennun, violando i patti, era tornato; e lui e insieme il generale che fattolo prigione lo avea risparmiato, fece mettere a morte. Ma chi avrebbe mormorato del pio Almanzor, che aveva giusto allora dato mano a ingrandir la moschea, e vi facea lavorar di sterro migliaja d'Infedeli, e vi maneggiava egli stesso, da operajo, zappa, cazzuola e sega? I possessori del terreno da occupare, volle sempre che fossero risarciti lautissimamente; per una signora cui non piaceva di cedere il proprio giardino se non ne ottenesse un altro in contraccambio, e fornito d'una palma non meno bella, tanto intorno cercò fin che gliel'ebbe trovato: ma di Coimbra, ma di Leon, nuovamente ostile, ma di ville, castelli, chiostri, chiese, villaggi nemici, rifece scempio. Insidiato da un figliuolo, Abdallâh, prode e brillante cavaliere, del quale il Conte di Castiglia aveva fomentato la rivolta, obbligò i Castigliani a ricondurglielo; e la scure ne fece ragione.


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L'odissea della donna
di Tullo Massarani
Editore Forzani Roma
1907 pagine 356

   





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