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      O voi bëati, se al gentil Paese
      Àuspici invochi, e senta, e ossequii, austero,
      Non parlier cittadino. Era la brullaPovertà de le plebi a voi sincero
      Assillo in cor, quanto le lunghe offeseDa l'Italia sofferte; e non fanciulla
      E non di tutti questi che maciullaInfanti e vecchi e giovani il gran vermo
      Macerator di miseri, Bisogno,
      Alcuno fu, che in sognoNon provvedeste di venturo schermo:
      Se pur, tornando a libertà, non fosseAlla patria di lutti aspra radice
      Colei che tanto a servitù somigliaE fa la guancia di rossor vermiglia,
      Inopia, d'ogni mal süaditrice.
      Deh quante volte insieme ci commosseLa turba men, che pioggia e vento cosse,
      Del tuo periglio, o bionda giovinetta,
      Che al varco Fame, oppur Vergogna, aspetta!
     
      E tu qui giaci. Impietositi i cieliForse a lungo patir mèta han concessa?
      Pietosa avesti almen l'ultima scorta?
      Ahi crudo fato! A la malvagia ressaTu medesma togliesti i fianchi aneli:
      Gran che se le vïole ond'hai sì smortaLa gota, faccian dire: «Anch'essa è morta.»
      Chi sa, chi narra le battaglie, o pestoFior, che in procella e contro lame acute
      Morendo hai combattute?
      Forse eri nata a fiorir nel modestoGrembo di vita casalinga, oscura,
      E, aspettando le nozze, al dolce e quetoAsil de la tua stanza, a la tua mamma
      Tranquilla accanto. Per che ignoto dramma,
      Attraverso che turbini, il segretoScoscender di tua vita, e per che dura
      Via di croce salisti a queste mura?...
      Pace al frale gentil. Men lieta paceHa il primo che t'addusse a questa brace.
     
      E tu Canzon, se ancora lice al carmeSperar che il meni via sovr'ali d'oro,


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L'odissea della donna
di Tullo Massarani
Editore Forzani Roma
1907 pagine 356

   





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