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      » Di qui viene, secondo lo stesso autore, che «gli uomini del mondo fanciullo, per natura furono sublimi poeti; e diedero a' corpi l'essere di sostanze animate, sol di tanto capaci di quanto essi potevano, cioè di senso e di passione; e così ne fecero le favole.» (Cfr. G. B. Vico, Scienza nuova, lib. I, 32, 37, e pag. 152 dell'edizione di Torino 1852-53).
      Io non pretendo per verità che il modo d'esprimersi del Vico sia il non plus ultra della chiarezza; ma la vostra mente perspicua, Lettrici mie, avrà nondimeno benissimo inteso quel ch'egli vuole significare. Le mitologie, in somma, non sono altro se non la forma per dir così umanizzata, che le menti rozze e quasi infantili dei primi popoli, in cui prevaleva al raziocinio l'imaginazione, imprestarono ai fenomeni stessi della natura, credendo di vedere da per tutto qualche cosa di somigliante all'essere loro proprio. Nel nostro tempo, che, se non è il regno della ragione, dal regno della semplice imaginazione è per lo meno lontanissimo, va da sè che si dovesse giungere e si sia giunti a fare un lavoro in senso inverso; e dove gli antichi avevano trasformato i fenomeni naturali in favole poetiche, noi dentro a queste favole si sia venuti ingegnandoci di scoprire e di riconoscere i fenomeni ch'essi avevano voluto rappresentare. La è, Donne gentili, tutta quanta oramai una scienza; e i sapienti alla Max Müller e alla William Cox, per tacere di tutti gli altri del medesimo genere, hanno scritto volumi sopra volumi per dipanare la matassa delle vecchie leggende, delle favole popolari, delle stesse fiabe infantili, e arrivare al nocciolo del gomitolo, che è quanto dire alle verità, ai fatti naturali, che dentro vi stanno rimpiattati e nascosti.


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L'odissea della donna
di Tullo Massarani
Editore Forzani Roma
1907 pagine 356

   





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