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      Il maestro poi aveva il suo perfetto riscontro nel signor Beppe, un fratello dello zio, un Burbero, anzi un Rustego perfetto del repertorio goldoniano, che avrebbe rinunziato senza zittire a farsi mai un abito nuovo, ma per nulla al mondo a quelle due orette che passava regolarmente ogni giorno al Caffè Svizzero, a suggersi il Journal des Débats fino all'ultima linea, e a dare una capatina anche dentro alla odiata Quotidienne, pur di spremerne qualche gocciola d'informazione intorno agli andamenti della causa liberale in Europa: indagine che finiva quasi sempre con molta delusione ed altrettanta amarezza del signor Beppe. Nelle sere più infauste, sul tocco delle dieci, dopo una furiosa scampanellata alla porta di strada, lo si vedeva traversare, tutto rannuvolato e imbacuccato nella sua rupa blù a molti baveri, il tinello a terreno; fatto appena un cenno di saluto, e tolto bruscamente di mano alla cameriera il candeliere, svoltava via dall'uscio di fondo, e lo si sentiva salir le scale per andare a letto, con uno scalpore come se andasse alla guerra. - «Uhm! - mormorava dal canto del camino la buona zietta - Beppe ha un diavolo per capello; guai grossi ci ha da essere in Polonia!» Gli è a questo modo - e notate ch'io non potevo avere più di cinque anni - che intesi la prima volta il nome di quella eroica gente.
      Con le notizie carpite, pur da fanciullo, un po' qua, un po' là, e con quelle idee che in casa assorbivo per tutti i pori, imaginate se la Polonia non diventò anche per me un'adorazione, e se non ebbe inni di fanciullo e voti ardenti di giovane, fino a quel giorno d'estate del Sessantatre, in cui, spezzato il pane col canuto e venerando inviato della insurrezione polacca alla tavola del mio amico Visconti-Venosta, allora Ministro degli Affari esteri, non mi potei tener di pronunziare in Parlamento, io poco più che novellino, un discorso per quei fratelli d'anima, altrettanto caldo d'affetto quanto per anticipazione destinato alla fine delle foglie d'autunno.


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L'odissea della donna
di Tullo Massarani
Editore Forzani Roma
1907 pagine 356

   





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