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      Tullo Massarani - e tutti lo sanno - ebbe maestro Domenico Induno, il pittore della grazia e del sentimento, l'artista geniale della società moderna, il quale avea saputo dal Sabatelli, a sua volta maestro di lui, che il segreto della eccellenza in un artista è tutta in questo motto: Far come si sente. La fortuna del D'Azeglio e dell'Induno si doveva allo scrupoloso adempimento di questo precetto. Francesco Dall'Ongaro, gloria immortale delle lettere italiane, già più che sessagenario nel 1872, fece, da giudice-presidente, il processo all'Esposizione nazionale milanese di quell'anno. Egli indovinò e cresimò un semenzaio di giovani artisti, che per lui assursero ad una celebrità, che non aveano tampoco sognata. Tra essi era, da lui amatissimo per la vastità della dottrina e la comunanza delle politiche opinioni, Tullo Massarani, cesellatore di classiche eleganze nello scrivere e nel dire improvviso, il legittimo erede, insomma, dell'artista delle battaglie di Legnano e di Gavinana. In quella mostra di belle arti era già incominciata la lotta fra vecchi maestri e giovani artisti. I primi avevano un bel gridare macchina indietro nella manovra del loro vascello; dovettero abbassare le strappate bandiere del classicismo e dell'Accademia per lasciar passare a vele spiegate le navi conquistatrici dell'avvenire. Non che la pittura storica fosse tenuta in minor riverenza dalle baldanzose falangi della nuova scuola, ma si volevano criteri diversi e diverse energie più consone alla verità della storia, in modo da non rifare il già fatto con servilità di forme e concetti.


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L'odissea della donna
di Tullo Massarani
Editore Forzani Roma
1907 pagine 356

   





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