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      Dobbiamo conoscere almeno quali si fossero in generale le leggi e i costumi del tempo, di cui l'artista ci ritrae i personaggi. In somma occorre misura in ogni cosa, tanto più nell'artista e nei suoi giudicanti. A questo solo patto, la fratellanza e l'universalità del pensiero.
      Intanto eravamo giunti all'inverno del 1877, e già tutta la stampa periodica milanese, sbizzarrendosi sul contributo che l'arte lombarda avrebbe fornito all'Esposizione di Napoli, invitava i signori critici a visitare gli studi degli artisti. In quella rapida escursione passarono dinanzi agli occhi dei suddetti signori pitture e sculture pronte a partire. Quell'anno, quasi involontariamente, ero diventato anch'io critico d'arte, giacchè da un giornale che andava per la maggiore (la Lombardia) avevo ricevuto la consegna di fare una visita allo studio del Massarani. Il lettore può imaginare la mia sorpresa, scorgendo che l'artista aveva recato a buon termine tre quadri in luogo di uno. O come aveva fatto? Vediamoli un po' tutti. Il primo ritraeva una ricca patrizia, una Castellana. Dal suo palazzo, per una scala marmorea, essa scendeva nel giardino, quando allo stesso punto una donna del popolo - una vassalla - le scorse dinanzi, spingendole incontro un fanciullo - suo figlio - un monelluccio, che proprio allora doveva essere tornato dalla scuola, perchè teneva sotto le ascelle il suo libro. Madre e figlio s'erano fermati come in ammirazione dinanzi alla ricca signora, che con la nobile alterezza propria della sua casta teneva tra le mani un fiore, e li guardava un po' distratta.


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L'odissea della donna
di Tullo Massarani
Editore Forzani Roma
1907 pagine 356

   





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