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      Un fanciullo, inarcando il dorso, fa rimbalzare la palla. Altri due seduti guardano con quella istintiva curiosità, che è l'espressione più ingenua de' visi infantili. Fors'anche si riposano dal gioco del cerchio, che vediamo trascurato sul tappeto. I tre, che stanno all'estremità sinistra del quadro, stuzzicano una testuggine, industriandosi di spiegare al lor modo le ragioni della sua proverbiale lentezza. Alla estremità opposta, una fanciulletta, distesa contro il suolo, si spenzola da un muriccio, tenendo fra le mani un micio, mentre un altro fanciullo, che seduto sulle gambe mostra le spalle, volge appena la faccia per guardare i movimenti che fa la bestiolina per sguisciare dalle mani della bimba. Il fanciullo, che sdraiato dalla stessa parte, curva tutta la persona con la testa in giù sul terreno, spia attentamente la palla che sta per arrivare: sono tre scorci di una naturalezza invidiabile.
      In somma, di quanto fanno i piccini, nulla è trascurato in questo grazioso dipinto, che intende a riprodurre l'età felice di Epaminonda e di Socrate fanciulli. La sodezza delle loro carni, già robuste, prova che essi, alcuni anni prima, pendevano dalla mammella di una balia spartana, perchè, secondo Plutarco, non vi erano migliori nutrici. Che se quei fanciulli non sono Lacedemoni, non varrà disgiungerli al settimo anno, perchè si cercheranno e troveranno più tardi, facendo ripetere l'antica esclamazione di Licurgo: «Oh come ben pare che il suolo della Laconia sia tutto di molti fratelli, i quali testè se l'abbian diviso!


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L'odissea della donna
di Tullo Massarani
Editore Forzani Roma
1907 pagine 356

   





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