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      Ma né sciolgono la questione di miseria intorno alla quale io vi parlo, né tengono conto alcuno del dovere sociale. Pochissimi tra voi possono economizzare quel soldo. E quei pochissimi possono, accumulando lentamente, provvedere in parte agli anni della vecchiaia, mentre la quistione economica deve mirare a provvedere agli anni virili, allo sviluppo, all'espansione possibile della vita quando è attiva e potente e può giovare efficacemente al progresso della Patria e dell'Umanità. Perciò che riguarda i beni materiali, la questione sta nel come accrescere la ricchezza, la produzione; e quei consigli neppure vi accennano. Inoltre, la Società che vive del lavoro e chiede, ogni qualvolta è minacciata, tributo di sangue ai figli del popolo ha debiti sacri verso di loro.
      Altri, non nemici, ma poco curanti del popolo e del grido di dolore che sorge dalle viscere degli uomini del lavoro, paurosi d'ogni innovazione potente, e legati a una scuola detta degli economisti, che combatté con merito e con vantaggio tutte le battaglie della libertà, dell'industria, ma senza por mente alla necessità di progresso e di associazione, inseparabili anch'esse dalla natura umana, sostennero e sostengono, come i filantropi dei quali ora parlai, che ciascuno può anche nella condizione di cose attuale, edificare colla propria attività la propria indipendenza; che ogni mutamento nella costituzione del lavoro riuscirebbe superfluo o dannoso; e che la formola ciascuno per sé, libertà per tutti è sufficiente a creare a poco a poco un equilibrio approssimativo d'agi e conforti fra le classi che costituiscono la Società. Libertà di traffici interni, libertà di commercio fra le nazioni, abbassamento progressivo delle tariffe daziarie specialmente sulle materie prime, incoraggiamenti dati generalmente alle grandi imprese industriali, alla moltiplicazione delle vie di comunicazione, alle macchine che rendono più attiva la produzione: questo è quanto, secondo gli economisti, può farsi dalla Società: ogni suo intervento al di là è, per essi, sorgente di male.


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Doveri dell'uomo
di Giuseppe Mazzini
pagine 134

   





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