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      La controversia letteraria si convertiva in politica: bastava mutare alcune parole per avvedersene. Erano guerricciuole, zuffe di bersaglieri sul limite di due campi. Per noi l'indipendenza in fatto di Letteratura non era se non il primo passo a ben altra indipendenza: una chiamata ai giovani perchè ispirassero la loro alla vita segreta che fermentava giù giù nelle viscere dell'Italia. Sapevamo che tra quelle due vite essi avrebbero incontrato la doppia tirannide straniera e domestica e si sarebbero ribellati dall'una e dall'altra. Il Governo finì per leggere e irritarsi di quella tendenza. E quando, sul finir del primo anno, noi annunziavamo imbaldanziti ai lettori che il Giornale s'ingrandirebbe, un divieto governativo lo spense.
      Ma quei lavorucci dettati con impeto giovanile, e il fine ardito che trapelava, m'avevano fruttato un grado qualunque di fama in Genova e conoscenze d'uomini altrove che lavoravano poco dopo con me sulla via più dichiaratamente emancipatrice. Un mio rimprovero a Carlo Botta, storico di tendenze aristocratiche, senz'ombra d'intelletto filosofico, ma il cui stile foggiato talora a gravità tacitiana e lo sdegno alfieriano contro ogni straniero infanatichivano allora la gioventù, mi valse contatto cogli uomini, timidi i più, ma d'animo italiano dell'Antologia di Firenze. E due articoli d'un altro studente, Elia Benza di Portomaurizio, giovine d'alto sentire e di forte ingegno isterilito poi, con mio dolore, dalla soverchia analisi e dai conforti della vita domestica, pel Dramma I Bianchi e i Neri, ci diedero a corrispondente il Guerrazzi.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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