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      Non così sui mezzi, pei quali può conseguirsi l'intento, e tramutarsi la insurrezione in vittoria stabile ed efficace. Una classe di uomini influenti per autorità e per ingegno civile contende doversi procedere nella rivoluzione colle cautele diplomatiche, anzichè colla energia della fede, e d'una irrevocabile determinazione. Ammettono i principî, rifiutano le conseguenze; deplorano i mali estremi, e proscrivono gli estremi rimedî: vorrebbero condurre i popoli alla libertà coll'arti, non colla ferocia della tirannide. Nati, cresciuti, educati a' tempi, nei quali la coscienza degli uomini liberi era in Italia privilegio di pochi, diffidano della potenza d'un popolo che sorge a rivendicare gloria, diritti, esistenza; diffidano dell'entusiasmo, diffidano d'ogni cosa, fuorchè dei calcoli de' gabinetti che ci hanno mille volte venduti, e dell'armi straniere che ci hanno mille volte traditi. Non sanno che gli elementi d'una rigenerazione fermentano in Italia da mezzo secolo, e ch'oggi il desiderio del meglio è fremito di moltitudini. Non sanno che un popolo schiavo da molti secoli non si rigenera se non colla virtù, o colla morte. Non sanno che ventisei milioni d'uomini, forti di giustizia, e di una volontà ferma, sono invincibili. Diffidano della possibilità di riunirli tutti ad un solo voto; ma essi, tentarono forse l'impresa? Si mostrarono decisi a sotterrarsi per essa? Bandirono la crociata italiana? Insegnarono al popolo che non v'era se non una via di salute; che il moto operato per esso dovea sostenersi da esso; che la guerra era inevitabile, disperata, senza tregua fuorchè nel sepolcro, o nella vittoria?


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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