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      Lavoravamo tutti concordi e lietamente instancabili.
      Tutto andava a seconda. Se non che, come dissi, importava agire rapidamente; e da una esigenza dei comitati dell'interno e degli uomini che ajutavano con danaro l'impresa, sorse un ostacolo che dovea condannarla a indugi indefiniti e a rovina. Chiedevano un nome. Volevano messo a capo dell'invasione un uomo militare, di grado superiore, e che alla capacitą aggiungesse il fascino della rinomanza. E indicavano il Generale Ramorino.
      Mandato, dal Comitato degli amici della Polonia in Parigi, a Varsavia, durando l'insurrezione nazionale Polacca, Ramorino, legato colla frazione capitanata dal Principe Czartoriski e dall'aristocrazia del paese, s'era condotto, negli ultimi tempi della guerra, in modo giudicato severamente dai migliori patrioti. Ma, tornato in Francia, era stato salutato d'ovazioni da quanti nello straniero soldato volontario in Polonia vedevano rappresentato il principio della fratellanza dei popoli, e da quanti, dando plauso a ogni uomo che avesse combattuto in Polonia, intendevano onorare non tanto lui quanto le lotte d'una nazione oppressa dal numero ma destinata a rivivere. Il nome di Ramorino era inoltre popolare in Savoja dov'egli, credo, era nato, in Genova dove viveva la di lui madre, e generalmente in Italia dove l'orgoglio dei caduti in fondo era accarezzato dagli omaggi profusi a un Italiano. E nessuno badava pił oltre. Ebbi intimazione solenne di dovermi porre in contatto con lui e offrirgli il comando della fazione.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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