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      Ginevra era tormentata di note diplomatiche, richieste imperiose di liberarsi di noi e minaccie; e i pił cominciavano a imprecare a noi caduti come a stranieri che mettevano a pericolo la pace del paese e rompevano la buona armonia della Svizzera coi governi europei. L'autoritą federale mandava commissarī, iniziava inquisizioni e processi. Il nostro materiale di guerra era sequestrato: i nostri mezzi finanziarī erano quasi esauriti di fronte alla tristissima condizione degli esuli, sprovveduti i pił d'ogni cosa. E anche tra i nostri la miseria e l'amarezza della delusione seminavano recriminazioni e dissidī. Tutto era bujo all'intorno. Ben promettevano dalla Francia battaglia imminente e vittoria in nome della repubblica; ma io credeva spenta per allora l'iniziativa francese, e quelle uniche promesse di meglio mi trovavano incredulo. E pił potente d'ogni consiglio e d'ogni minaccia mi suonava all'orecchio il grido di dolore e di suprema inquietudine della povera mia madre. Avrei ceduto a quello se avessi potuto.
      Ma era tal cosa in me che le circostanze esterne non valevano a domare. La mia natura era profondamente subbiettiva e signora de' proprī moti. L'io era fin d'allora per me una attivitą chiamata a modificare il mezzo in cui vive, non a soggiacergli passivo. La vita raggiava dal centro alla circonferenza, non dalla circonferenza al centro.
      La nostra non era impresa di semplice riazione, moto d'infermo che muta lato ad alleviare il dolore. Noi non tendevamo alla libertą come a fine, ma come a mezzo per potere raggiungere un fine pił positivo e pił alto.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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