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      In Italia, il lavoro doveva inevitabilmente rallentarsi. Bisognava dar tempo agli animi di riaversi, ai padroni di credersi vincitori e riaddormentarsi. Ma potevamo rifarci all'estero delle perdite dell'interno e lavorare a risorgere un giorno e gittare una seconda chiamata all'Italia, forti d'elementi stranieri alleati e dell'opinione europea. Potevamo, nel disfacimento, ch'io vedeva lentamente compirsi, d'ogni principio rigeneratore, d'ogni iniziativa di moto europeo, preparare il terreno alla sola idea che mi pareva chiamata a rifare la vita dei popoli, quella della Nazionalità, e una influenza iniziatrice, in quel moto futuro all'Italia. Nazionalità e possibilità d'iniziativa italiana: fu questo il programma, questa la doppia idea dominatrice d'ogni mio lavoro dal 1834 al 1837.
      La nostra stampa aveva attirato su noi l'attenzione degli stranieri. L'ardito tentativo sulla Savoja aveva raccolto intorno al nostro comitato una moltitudine d'esuli di tutte contrade. Erano, i più, Tedeschi e Polacchi; ma parecchi venivano di Spagna, di Francia e d'altrove - e citerò ad esempio Harro Haring, scrittore di merito e vero pellegrino della Libertà, dacch'egli avea combattuto e lavorato per essa in Polonia, in Grecia, in Germania. Era nato sulle sponde del Mar Glaciale e portava con sè l'aspirazione ignota allora a tutti fuorchè a lui e a me, ma pur destinata a tradursi in fatto un dì o l'altro, all'Unità della Scandinavia. Fra tutti quegli uomini, e prima che la persecuzione ci balestrasse a diverse foci, intesi a cacciare i germi della doppia idea e d'una alleanza universalmente invocata, non tentata ordinatamente da alcuno.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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