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      Nuove a ogni modo, non nella sfera del pensiero, ma nelle Associazioni politiche che s'agitavano allora in Europa, erano di certo le idee della Nazionalità considerata come segno d'una missione da compiersi a pro' dell'Umanità - della Legge morale suprema sovra ogni Potere e quindi dell'unità destinata a cancellare un giorno il dualismo fra le due potestà, spirituale e temporale - della Libertà politica definita in modo da escludere da un lato l'assurda teorica della sovranità dell'individuo, dall'altro i pericoli dell'anarchia - e altre accennate nei due documenti. E forse, ripetute e diffuse dai moltissimi affratellati, giovarono in parte a promovere nelle file della Democrazia quella trasformazione di tendenze e dottrine visibile in oggi, e senza la quale sono possibili sommosse più o meno importanti, non rivoluzioni durevoli. Parlo delle tendenze che mirano a farci escire dalla ribellione d'un materialismo che nega e non edifica per assumere carattere di missione religiosa, positiva, organica e capace di sostituire una Autorità vera e liberamente consentita alle menzogne d'autorità che signoreggiano anch'oggi in Europa.
      Fondammo il Patto della Giovane Europa sei giorni dopo l'insurrezione Lionese, tre dopo la sconfitta, e mentre ogni speranza di moto Francese sfumava. Era la nostra risposta alla vittoria conseguita dalla monarchia repubblicana sul popolo che s'era illuso a credere in essa. Era, com'io l'intendeva, una dichiarazione della Democrazia ch'essa viveva di vita propria, collettiva, europea e non dell'iniziativa d'un solo popolo, Francese o altro.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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